Il libro
Pretendere che un romanzo erotico scritto nel settecento possa ancora eccitarci è come esigere che Il castello di Otranto ci faccia passare delle notti insonni. Ancora peggio se ci aspettiamo di essere scandalizzati da qualcosa che al tempo in cui fu pubblicata sconvolse i benpensanti. Il proibito è più effimero di una barzelletta di Pierino. E Le Relazioni pericolose, più libro scandaloso che erotico, pur essendo un caposaldo della letteratura cosiddetta “del proibito” o dell’erotismo, oggi è solo un cumulo di belle letteronze, a volte anche piuttosto noioso.
I due libertini, che tramano per circuire e umiliare pubblicamente alcuni babbei, non offende più nessuno. Inoltre non c’è praticamente una scena di sesso e neanche un commento lascivo che vi faccia riferimento. La prosa resta sempre elegante, garbata, arguta. I personaggi sono cinici, stupidi, vanitosi e allupati ma in ogni caso non dimenticano mai le buone maniere.
La storia è quella di un grandissimo scopatore, il Visconte di Valmont, e un puttanone da antologia, la Marchesa di Marteuil, i quali essendo aristocratici francesi in epoca pre-rivoluzionaria, non hanno davvero uno sdanghero da fare a parte dedicarsi alle passioni, le visite parentali, il teatro e ovviamente scriversi lettere in cui confidarsi le scappatelle, le conquiste e i piani di futuri ulteriori conquiste.
I due sono stati insieme in un tempo lontano ed entrambi si conoscono a fondo. Mentre nel caso del Visconte però sanno tutti chi sia, quante donne abbia deflorato e rovinato pubblicamente, la Marchesa ha solida fama di brava e pia vedova. Ed è questa situazione che determina i fatti tragico del libro. Valmont vuol scoparsi la più ambita preda di ogni libertino di Parigi, la Presidentessa di Tourvel e naturalmente poi vantarsene in giro. La Marchesa invece desidera solo che lui svezzi una sua protetta, Cécile Volanges, giovane babbana dal potenziale sicuro per divenire un grandissimo e rispettabile troione in futuro.
La storia in fondo è tutta qui. Il playboy che batte i pezzi alla puritana e la giovane innocente che si lascia corrompere. Per quanto la prima delle due vicende sia la più interessante (perché tutti noi abbiamo desiderato una donna che nonostante i nostri tentativi proprio non vuole darcela e quindi ci immedesimiamo nel Marchese) è il cammino verso l’orgasmo di Cécile a provocare i pochi, lievi pruriti che il romanzo è in grado di offrire. Soprattutto il triangolo che si instaura tra la giovane, il suo casto e farlocco innamorato (il Cavalier Danceny) e lo stesso Valmont, il quale parte come un volenteroso tramite tra i due, costretti a smettere di frequentarsi per volontà della mamma di Cécile, per poi bombarsi la piccina e dettare lui le lettere d’amore in risposta allo spasimante cornuto.
La Marchesa non sta a guardare e finisce per portarsi a letto lei il povero Danceny e usarlo poi per una vendetta su Valmont, di cui non svelerò gli esiti, altrimenti magari rinuncerete a correre in libreria e ordinarvi una bella copia di questo libro e lungi da me scongiurare un evento tanto inverosimile.
I Film
Se invece di leggere preferite affidarvi al cinema, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Le Relazioni Pericolose vanta diverse trasposizioni, alcune poi neanche tanto malvagie. La più riuscita è senza dubbio quella di Stephen Frears, (1988) con John Malkovich e Michelle Pfeiffer, Glenn Close, Keanu Reeves e Uma Thurman, che sono tutti bravissimi, per carità (anche se la Close nella parte della Marchesa non mi convince. Siamo su un piano di gusti personali, io trovo quest’attrice per nulla attraente e sensuale. Sembra William Hurt vestito da Marchesa e anche la Thurman nella parte di Cécile è poco adatta perché ha una durezza nello sguardo che poco si addice alla parte di una piccola bamboccia appena uscita dal convento).
La versione di Miloš Forman, si intitola semplicemente Valmont ed è di poco successiva (1989) a quella di Frears, e per quanto non goda di un cast così formidabile e abbia quell’innocuo sellerone per nulla attendibile di Colin Firth nel ruolo del Visconte trivellone, risulta molto più efficace nella scelta degli altri attori, Annette Bening nel ruolo della Marchesa, Fairuza Balk in quello di Cécile. E nella scena in cui quest’ultima inizia a farsi grande, la mano che Firth le poggia sul culo nudo (e poi le labbra, come potete vedere nella locandina qui sopra) mentre le detta la lettera per il povero Danceny, prima di passare a darle qualche lezione di arabo in mezzo alle cosce, è piuttosto efficace su un piano erettile. Dei due film preferisco il primo comunque, senza dubbio.
Poi abbiamo anche la rielaborazione in chiave moderna che tanti di voi avranno visto senza realizzare che si trattasse di un classico letterario del Settecento: Cruel Intentions, (1999), per la regia di tale Roger Kumble. In fondo si tratta di una commediola con alcune star del mondo giovanile (Sara Michelle “Buffy” Gellar; Reese Witherspoon), di sesso se ne vede poco e su tutto cade la clava moralistica americana. Se nelle due trasposizioni precedenti, una diretta da un inglese e l’altra da un ungherese, di moralismo ce n’è quanto ne trovate nel libro, finto e messo lì apposta per i coglioni europei del diciassettesimo secolo, in Cruel Intentions, il personaggio di Valmont trova la sua redenzione innamorandosi della fica irraggiungibile, cosa che nel libro di Laclos non è per nulla specificato.
Sì, il Visconte magari ha una cotta per la Presidentessa, ma non lo ammette e pur di mostrare alla Marchesa di non nutrire coinvolgimenti emotivi, molla con eccessiva rudezza la povera turlupinata condannandola alla follia e alla morte (ops, spoiler!). Nel romanzo i due libertini sono in fondo dei mostri spaventosi per la società di quegli anni più di quanto possano risultarlo oggi, e allora non trovano alcun riscatto mentre nel mondo moderno appaiono in tutta la loro rivoluzionaria assenza di moralità e ipocrisia. Oggi più di ieri si nota quanto Laclos fosse dalla loro parte e che i vari campioni della buona società, Danceny, Cécile, la Presidentessa e tutte le altre vittime su cui il cinismo e la perfidia dei due libertini si scagliano, in fondo non sono meglio dei loro carnefici, anzi.
(Francesco Cellagiustappuntoinmano)